Italia L'Economia.

Cartina dell'Italia

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L'irrigazione

Da sempre l'agricoltura ha avuto necessità di un giusto apporto idrico: qualora l'acqua manchi bisogna compensare questa carenza con opere adeguate; se invece è in eccesso, occorre prosciugare il terreno paludoso e guidare l'acqua con opere di regimentazione (argini, canali, serbatoi ecc.). Ma come si attua l'irrigazione del terreno, qualora le piogge non siano sufficienti? L'acqua viene prelevata da fiumi, laghi e sorgenti naturali; per fare questo è necessario arrivare al deposito acquifero sotterraneo, che è alimentato dalle piogge infiltratesi attraverso gli strati permeabili. Il fondo di questo deposito idrico (detto anche falda freatica) è invece impermeabile, cosicché impedisce una dispersione d'acqua. Per raggiungere la falda si perfora il terreno tramite la costruzione di un pozzo artesiano, attraverso il quale l'acqua può sgorgare, per pressione interna o aiutata da una pompa. Da qui l'acqua è immessa in un canale principale e quindi in canali secondari, in modo da essere distribuita capillarmente. L'irrigazione può essere svolta solo in alcuni momenti, oppure essere attuata per tutto il periodo della coltivazione. Esempi significativi di questo secondo tipo di irrigazione permanente sono le risaie e le marcite. Queste ultime sono prati, sempre irrigui, tipici della Pianura Padana, che sfruttano la ricchezza idrica delle risorgive. D'inverno da queste sorgenti perenni fuoriesce un'acqua che possiede una temperatura superiore a quella esterna e impedisce il raffreddamento del suolo consentendo alla vegetazione di continuare a svilupparsi. I metodi di irrigazione sono diversi anche a seconda dei tipi di coltura; la diffusione d'acqua può essere svolta a sommersione, quando copre la superficie del terreno di qualche centimetro (risaie); a scorrimento, in cui scorre sulla superficie del suolo; a infiltrazione, se è incanalata in piccoli fossi; a pioggia, qualora venga spruzzata da apposite motopompe.

La varietà dei paesaggi agrari

Tenendo conto degli elementi che abbiamo sopra esposto, è possibile rintracciare cinque paesaggi agrari fondamentali:

1) colture promiscue;

2) seminati intensivi irrigui;

3) seminati estensivi asciutti;

4) colture specializzate;

5) boschi e pascoli montani.

Diversi sono gli aspetti che caratterizzano ognuno di questi paesaggi: il tipo di coltivazione (presenza di varie piante oppure monocoltura) e il suo carattere intensivo o estensivo; le piante più diffuse (grano, olivo, vite, alberi da frutta ecc.); il tipo di proprietà e di conduzione, ovvero se si tratta di un latifondo o di un piccolo podere, se vi lavorano dei braccianti salariati o è a conduzione familiare ecc.; il tipo di insediamento umano (case sparse, borghi agrari ecc.) e i suoi rapporti con le grandi città.

L'agricoltura: metodi di coltivazione

In genere si è abituati a parlare di attività agricola in termini di prodotti, cioè si osservano le varietà di colture presenti nelle diverse aree del Paese. Ma occorre precisare che sul medesimo suolo agricolo non è quasi mai coltivato soltanto un unico prodotto, in quanto il terreno si impoverirebbe troppo. Al contrario, viene preferito un avvicendamento delle colture (rotazione agricola), che permette una razionale sostituzione di alcune coltivazioni con altre (ad esempio i legumi), che reintegrano il suolo e gli ridanno fertilità. Lo schema più seguito nell'Italia insulare e peninsulare è il seguente: grano il primo anno, riposo e pascolo il secondo, coltivazione di una leguminosa il terzo; il quarto anno si riprende la semina del grano. Le colture vengono inoltre divise in intensive ed estensive. La coltura intensiva è praticata nell'agricoltura moderna; mira a ottenere elevate produzioni per ettaro, grazie a sementi selezionate, concimi, antiparassitari, irrigando e lavorando con cura il terreno. Questo tipo di agricoltura richiede un notevole impiego di capitale, che però è reintegrato da un'elevata resa del suolo. Tipica coltura estensiva è invece il latifondo, proprietà di vaste dimensioni, coltivata a grano alternato a pascolo; un tempo era diffusa soprattutto nell'Italia meridionale. Non offriva alla manodopera un lavoro fisso, ma occupava soltanto braccianti stagionali, lavoratori a giornata, raccolti sulle piazze del paese al mattino presto e ingaggiati per pochi giorni. Dopo la riforma agraria del 1950 i latifondi sono stati in parte espropriati, suddivisi e distribuiti ai contadini che avevano chiesto di gestire delle terre in proprio. Un'altra forma di conduzione che sta via via scomparendo è la mezzadria, un tempo diffusa soprattutto nell'Italia centrale. Essa non era un sistema a carattere intensivo. Infatti il proprietario del podere e il contadino si associavano e dividevano i prodotti ottenuti all'incirca a metà: 42% al primo e 58% al secondo. Il proprietario metteva la terra, il contadino i mezzi di produzione e il lavoro e, dovendo comunque dividere la resa, nessuno dei due era disposto a investire ingenti capitali per apportare migliorie al terreno. Oggi molti contratti di mezzadria sono stati trasformati in canoni d'affitto, consentendo così al contadino di godere integralmente del frutto del proprio lavoro. Ai nostri giorni la forma di conduzione più diffusa è quella di coltivatore diretto: in questo caso è il proprietario stesso che conduce l'azienda. Qualora il suo podere sia piccolo o poco produttivo, ne affitta altri, o si associa con altri coltivatori diretti, formando delle cooperative. A questo sistema di conduzione se ne affianca un altro, presente ove il terreno è particolarmente esteso. Il proprietario è un vero e proprio imprenditore: non lavora direttamente ma dirige l'azienda agricola; l'attività è affidata a salariati che in genere operano con l'aiuto di macchine. A queste due moderne forme di conduzione si è recentemente aggiunta quella del lavoro part-time, cioè a mezza giornata. Questa attività, piuttosto diffusa ma marginale dal punto di vista produttivo, è svolta da lavoratori e pensionati che dedicano parte del loro tempo libero alla coltivazione dell'orto o del podere familiare.

Le colture promiscue

Le colture promiscue presentano - come suggerisce il nome stesso - una grande varietà: i vigneti si alternano ai frutteti, il grano lascia posto al prato; filari di alberi e boschi suddividono questo mosaico di campi coltivati. È un susseguirsi di colori che mutano ad ogni stagione. Le aziende sono prevalentemente di piccole o medie dimensioni e sono presenti soprattutto nell'alta Pianura Padana e nelle fasce collinari circostanti, estendendosi fino al paesaggio collinare tosco-umbro-marchigiano e ai pendii più dolci delle aree costiere meridionali. Date le dimensioni non elevate, l'azienda è condotta da una sola famiglia che vive in una casa colonica isolata. Ecco perché il paesaggio piemontese o toscano è punteggiato da tante case sparse, talvolta raccolte in piccoli nuclei abitati. Le forme geometriche dei campi che occupano la pianura o quelle più irregolari che ritroviamo in collina segnano il susseguirsi di una coltivazione ad un'altra e riflettono la frantumazione delle aziende agricole. Un tempo, soprattutto nell'Italia centrale, era molto diffuso un particolare rapporto tra proprietario e lavoratore, detto di mezzadria. Il contadino non era proprietario del podere ma ciò che ricavava doveva dividerlo con il padrone (58% al mezzadro e 42% al padrone). Ciò faceva sì che né il padrone, né il lavoratore avessero interesse ad apportare migliorie all'azienda e ad incrementare la resa per ettaro, dato che il guadagno, eventualmente ricavato, sarebbe stato anch'esso diviso a metà. Questo tipo di agricoltura bloccava l'ammodernamento dell'azienda, che così rimaneva statica e poco produttiva. Negli ultimi decenni la mezzadria è andata via via scomparendo e il paesaggio delle colture promiscue si è progressivamente trasformato; oggi prevalgono colture specializzate dalle quali si ricavano ortaggi e frutta destinati ai mercati cittadini.

I seminati intensivi irrigui

Questa definizione - solo apparentemente complessa - comprende i paesaggi rurali della bassa Pianura Padana e delle zone bonificate dell'Italia centro-meridionale. Sono colture intensive, ovvero ogni podere è coltivato intensivamente, in modo da ricavarvi la maggiore quantità possibile di prodotti della migliore qualità. I campi occupano una certa estensione e hanno forme regolari. Predominano i prati, i cereali e le barbabietole da zucchero. Ovunque è un intrecciarsi di canali e corsi d'acqua, fiancheggiati da pioppeti, boschi o filari di alberi. Infatti l'elemento distintivo è la ricchezza dell'irrigazione, cioè l'acqua. I seminati intensivi variano da regione a regione: al Nord ai prodotti sopra citati si aggiungono il riso e i foraggi. A questi ultimi sono legati l'allevamento bovino e la presenza di industrie casearie (che lavorano il latte per farne formaggi e latticini). Al Sud foraggi e cereali sono seguiti da barbabietole e tabacco. In questo tipo d'agricoltura predomina la media e soprattutto la grande azienda. La prima è a conduzione familiare, mentre nella seconda c'è un proprietario, che non risiede nella fattoria e incarica una persona di fiducia della sua gestione e conduzione. È inoltre diffuso l'impiego di macchine, di sementi selezionate e di fertilizzanti, per permettere una maggiore rapidità nel lavoro e garantire una elevata qualità dei prodotti richiesti dai mercati cittadini.

I seminati estensivi asciutti

È il paesaggio rurale più diffuso nell'Italia meridionale e insulare. Il terreno è prevalentemente ondulato e collinoso, con il suolo calcareo o argilloso, poco adatto a colture intensive e irrigue. I piccoli poderi, con resa modesta e poco meccanizzati, si alternano ai latifondi, grandi estensioni di terra sfruttate solo in parte o destinate al pascolo degli ovini. Il paesaggio è verdeggiante a primavera; poi i prati cedono il passo alla maturazione del grano, ma in seguito, coll'imperversare della calura estiva, la campagna è arsa dal sole e si trasforma in una distesa stepposa. Pochi sono i corsi d'acqua ei filari di alberi; rare e isolate le abitazioni sparse; le grandi masserie paiono piccole fortezze, con la casa padronale, l'aia, le stalle e le dimore per i braccianti. Più spesso al posto di case sparse troviamo grossi centri rurali. Sono borghi a carattere agricolo, i cui abitanti ogni giorno raggiungono i campi lontani, per fare ritorno in paese solo al tramonto.

Le colture specializzate

Sotto questo nome vanno inclusi gli orti, i giardini e le serre, ovvero quelle colture che necessitano dell'opera insostituibile dell'uomo e che le macchine non potranno mai svolgere quasi interamente. Sono praticate lungo le fasce collinari soleggiate o le valli irrigue che hanno clima mite e mediterraneo. Le piante più diffuse sono olivo, vite, agrumi, fiori, ortaggi e alberi da frutta. Il tipo di conduzione prevalente è la piccola proprietà, perché queste colture, che richiedono un alto grado di specializzazione, garantiscono un buon margine di guadagno e perciò permettono al piccolo proprietario di vivere. Le vigne della Toscana o della Puglia, così come gli agrumeti di Sicilia o la floricoltura ligure necessitano tutti di una assidua e attenta cura da parte dell'uomo, che spesso ha saputo rendere fertile un terreno inospitale e poco redditizio.

I problemi dell'agricoltura

Esaminata la varietà dei paesaggi rurali, emerge un dato importante, che rivela una tendenza comune, che riguarda tutta l'Italia: la popolazione agricola è diminuita e tende ancora inesorabilmente a calare. Nell'arco di un ventennio, dal 1961 al 1981, è passata da 7.720.000 persone a 2.400.000, ovvero si è più che dimezzata (nel 2004 gli occupati in agricoltura erano circa un milione). In particolare hanno lasciato la campagna, la collina e la montagna gli individui di età giovane e adulta, mentre gli anziani e i vecchi sono rimasti in maggior numero. Questo esodo rurale, che ha provocato l'abbandono di molte migliaia di ettari di suolo agrario, è stato incessante dall'Unità d'Italia (1861) ad oggi, ma si è ulteriormente accentuato nell'ultimo trentennio. I motivi di questa fuga dalla campagna sono diversi: in parte ciò è dovuto alla progressiva meccanizzazione dell'agricoltura, che ha sostituito il lavoro umano e animale, in parte è legato al desiderio di abbandonare condizioni di vita spesso difficili, soprattutto in collina e in montagna. Le mete principali di quest'esodo massiccio sono state le regioni della Pianura Padana, le grandi città del Centro-Sud (come Roma, Napoli, Palermo) e all'estero i Paesi europei più industrializzati (Germania, Francia, Belgio ecc.). Le città e il lavoro nell'industria sono stati per molti la garanzia di una vita più confortevole e di un lavoro più sicuro. Oggi l'introduzione di tecniche moderne nella coltivazione dei campi ha permesso di razionalizzare l'agricoltura e di ottenere una maggiore resa per ettaro. Tuttavia anche in questo settore economico necessitano continui investimenti e migliorie. Ciò richiede un investimento di capitali che non tutti gli agricoltori hanno a disposizione. Mentre le grandi aziende riescono a far fronte a questo continuo aggiornamento, le medie e piccole aziende spesso entrano in crisi, soprattutto dove il suolo è più difficile da coltivare. Allora la famiglia contadina è spinta ad abbandonare i campi e a preferire la vita di città. Il suolo agrario viene così trasformato in pascoli o macchia, in collina e montagna, e spesso in terreno edificabile, in pianura.

I boschi e i pascoli

Molto abbiamo già detto riguardo ai boschi quando abbiamo parlato del manto forestale delle nostre montagne nel capitolo omonimo. I boschi sono presenti non solo nelle colture promiscue, cioè in collina e in pianura, ma anche e soprattutto nelle vallate dei sistemi alpino e appenninico. Sulle Alpi prevalgono le fustaie di aghifoglie, sulle Prealpi e sugli Appennini sono più diffusi i boschi cedui di latifoglie (ceduo significa che viene tagliato periodicamente). Entrambi vengono utilizzati per ricavare legna da ardere o legname per costruzione. Un discorso a parte meritano i pioppeti, molto diffusi nella bassa Pianura Padana; infatti il legno del pioppo è richiesto dalle industrie della cellulosa e serve per produrre carta, compensato e imballaggi. La pioppicoltura è una buona fonte di guadagni, perché il pioppo cresce in fretta e non richiede molte cure. Le foraggere sono diffuse sui pendii delle colline e delle montagne, oltre che in pianura; vi crescono erbe usate per l'alimentazione animale e la loro coltivazione è legata alle esigenze dell'allevamento stallivo.

C p i l e f w

21 Ago. 2025 2:39:30 pm

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