Da sempre l'agricoltura ha avuto necessità di un giusto apporto idrico: qualora
l'acqua manchi bisogna compensare questa carenza con opere adeguate; se invece è
in eccesso, occorre prosciugare il terreno paludoso e guidare l'acqua con opere
di regimentazione (argini, canali, serbatoi ecc.). Ma come si attua
l'irrigazione del terreno, qualora le piogge non siano sufficienti? L'acqua
viene prelevata da fiumi, laghi e sorgenti naturali; per fare questo è
necessario arrivare al deposito acquifero sotterraneo, che è alimentato dalle
piogge infiltratesi attraverso gli strati permeabili. Il fondo di questo
deposito idrico (detto anche falda freatica) è invece impermeabile, cosicché
impedisce una dispersione d'acqua. Per raggiungere la falda si perfora il
terreno tramite la costruzione di un pozzo artesiano, attraverso il quale
l'acqua può sgorgare, per pressione interna o aiutata da una pompa. Da qui
l'acqua è immessa in un canale principale e quindi in canali secondari, in modo
da essere distribuita capillarmente. L'irrigazione può essere svolta solo in
alcuni momenti, oppure essere attuata per tutto il periodo della coltivazione.
Esempi significativi di questo secondo tipo di irrigazione permanente sono le
risaie e le marcite. Queste ultime sono prati, sempre irrigui, tipici della
Pianura Padana, che sfruttano la ricchezza idrica delle risorgive. D'inverno da
queste sorgenti perenni fuoriesce un'acqua che possiede una temperatura
superiore a quella esterna e impedisce il raffreddamento del suolo consentendo
alla vegetazione di continuare a svilupparsi. I metodi di irrigazione sono
diversi anche a seconda dei tipi di coltura; la diffusione d'acqua può essere
svolta a sommersione, quando copre la superficie del terreno di qualche
centimetro (risaie); a scorrimento, in cui scorre sulla superficie del suolo; a
infiltrazione, se è incanalata in piccoli fossi; a pioggia, qualora venga
spruzzata da apposite motopompe.
La varietà dei paesaggi agrari
Tenendo conto degli elementi che abbiamo sopra esposto, è possibile rintracciare
cinque paesaggi agrari fondamentali:
1) colture promiscue;
2) seminati intensivi irrigui;
3) seminati estensivi asciutti;
4) colture specializzate;
5) boschi e pascoli montani.
Diversi sono gli aspetti che caratterizzano ognuno di questi paesaggi: il
tipo di coltivazione (presenza di varie piante oppure monocoltura) e il suo
carattere intensivo o estensivo; le piante più diffuse (grano, olivo, vite,
alberi da frutta ecc.); il tipo di proprietà e di conduzione, ovvero se si
tratta di un latifondo o di un piccolo podere, se vi lavorano dei braccianti
salariati o è a conduzione familiare ecc.; il tipo di insediamento umano (case
sparse, borghi agrari ecc.) e i suoi rapporti con le grandi città.
L'agricoltura: metodi di coltivazione
In genere si è abituati a parlare di attività agricola in termini di prodotti,
cioè si osservano le varietà di colture presenti nelle diverse aree del Paese.
Ma occorre precisare che sul medesimo suolo agricolo non è quasi mai coltivato
soltanto un unico prodotto, in quanto il terreno si impoverirebbe troppo. Al
contrario, viene preferito un avvicendamento delle colture (rotazione agricola),
che permette una razionale sostituzione di alcune coltivazioni con altre (ad
esempio i legumi), che reintegrano il suolo e gli ridanno fertilità. Lo schema
più seguito nell'Italia insulare e peninsulare è il seguente: grano il primo
anno, riposo e pascolo il secondo, coltivazione di una leguminosa il terzo; il
quarto anno si riprende la semina del grano. Le colture vengono inoltre divise
in intensive ed estensive. La coltura intensiva è praticata nell'agricoltura
moderna; mira a ottenere elevate produzioni per ettaro, grazie a sementi
selezionate, concimi, antiparassitari, irrigando e lavorando con cura il
terreno. Questo tipo di agricoltura richiede un notevole impiego di capitale,
che però è reintegrato da un'elevata resa del suolo. Tipica coltura estensiva è
invece il latifondo, proprietà di vaste dimensioni, coltivata a grano alternato
a pascolo; un tempo era diffusa soprattutto nell'Italia meridionale. Non offriva
alla manodopera un lavoro fisso, ma occupava soltanto braccianti stagionali,
lavoratori a giornata, raccolti sulle piazze del paese al mattino presto e
ingaggiati per pochi giorni. Dopo la riforma agraria del 1950 i latifondi sono
stati in parte espropriati, suddivisi e distribuiti ai contadini che avevano
chiesto di gestire delle terre in proprio. Un'altra forma di conduzione che sta
via via scomparendo è la mezzadria, un tempo diffusa soprattutto nell'Italia
centrale. Essa non era un sistema a carattere intensivo. Infatti il proprietario
del podere e il contadino si associavano e dividevano i prodotti ottenuti
all'incirca a metà: 42% al primo e 58% al secondo. Il proprietario metteva la
terra, il contadino i mezzi di produzione e il lavoro e, dovendo comunque
dividere la resa, nessuno dei due era disposto a investire ingenti capitali per
apportare migliorie al terreno. Oggi molti contratti di mezzadria sono stati
trasformati in canoni d'affitto, consentendo così al contadino di godere
integralmente del frutto del proprio lavoro. Ai nostri giorni la forma di
conduzione più diffusa è quella di coltivatore diretto: in questo caso è il
proprietario stesso che conduce l'azienda. Qualora il suo podere sia piccolo o
poco produttivo, ne affitta altri, o si associa con altri coltivatori diretti,
formando delle cooperative. A questo sistema di conduzione se ne affianca un
altro, presente ove il terreno è particolarmente esteso. Il proprietario è un
vero e proprio imprenditore: non lavora direttamente ma dirige l'azienda
agricola; l'attività è affidata a salariati che in genere operano con l'aiuto di
macchine. A queste due moderne forme di conduzione si è recentemente aggiunta
quella del lavoro part-time, cioè a mezza giornata. Questa attività, piuttosto
diffusa ma marginale dal punto di vista produttivo, è svolta da lavoratori e
pensionati che dedicano parte del loro tempo libero alla coltivazione dell'orto
o del podere familiare.
Le colture promiscue
Le colture promiscue presentano - come suggerisce il nome stesso - una grande
varietà: i vigneti si alternano ai frutteti, il grano lascia posto al prato;
filari di alberi e boschi suddividono questo mosaico di campi coltivati. È un
susseguirsi di colori che mutano ad ogni stagione. Le aziende sono
prevalentemente di piccole o medie dimensioni e sono presenti soprattutto
nell'alta Pianura Padana e nelle fasce collinari circostanti, estendendosi fino
al paesaggio collinare tosco-umbro-marchigiano e ai pendii più dolci delle aree
costiere meridionali. Date le dimensioni non elevate, l'azienda è condotta da
una sola famiglia che vive in una casa colonica isolata. Ecco perché il
paesaggio piemontese o toscano è punteggiato da tante case sparse, talvolta
raccolte in piccoli nuclei abitati. Le forme geometriche dei campi che occupano
la pianura o quelle più irregolari che ritroviamo in collina segnano il
susseguirsi di una coltivazione ad un'altra e riflettono la frantumazione delle
aziende agricole. Un tempo, soprattutto nell'Italia centrale, era molto diffuso
un particolare rapporto tra proprietario e lavoratore, detto di mezzadria. Il
contadino non era proprietario del podere ma ciò che ricavava doveva dividerlo
con il padrone (58% al mezzadro e 42% al padrone). Ciò faceva sì che né il
padrone, né il lavoratore avessero interesse ad apportare migliorie all'azienda
e ad incrementare la resa per ettaro, dato che il guadagno, eventualmente
ricavato, sarebbe stato anch'esso diviso a metà. Questo tipo di agricoltura
bloccava l'ammodernamento dell'azienda, che così rimaneva statica e poco
produttiva. Negli ultimi decenni la mezzadria è andata via via scomparendo e il
paesaggio delle colture promiscue si è progressivamente trasformato; oggi
prevalgono colture specializzate dalle quali si ricavano ortaggi e frutta
destinati ai mercati cittadini.
I seminati intensivi irrigui
Questa definizione - solo apparentemente complessa - comprende i paesaggi rurali
della bassa Pianura Padana e delle zone bonificate dell'Italia
centro-meridionale. Sono colture intensive, ovvero ogni podere è coltivato
intensivamente, in modo da ricavarvi la maggiore quantità possibile di prodotti
della migliore qualità. I campi occupano una certa estensione e hanno forme
regolari. Predominano i prati, i cereali e le barbabietole da zucchero. Ovunque
è un intrecciarsi di canali e corsi d'acqua, fiancheggiati da pioppeti, boschi o
filari di alberi. Infatti l'elemento distintivo è la ricchezza dell'irrigazione,
cioè l'acqua. I seminati intensivi variano da regione a regione: al Nord ai
prodotti sopra citati si aggiungono il riso e i foraggi. A questi ultimi sono
legati l'allevamento bovino e la presenza di industrie casearie (che lavorano il
latte per farne formaggi e latticini). Al Sud foraggi e cereali sono seguiti da
barbabietole e tabacco. In questo tipo d'agricoltura predomina la media e
soprattutto la grande azienda. La prima è a conduzione familiare, mentre nella
seconda c'è un proprietario, che non risiede nella fattoria e incarica una
persona di fiducia della sua gestione e conduzione. È inoltre diffuso l'impiego
di macchine, di sementi selezionate e di fertilizzanti, per permettere una
maggiore rapidità nel lavoro e garantire una elevata qualità dei prodotti
richiesti dai mercati cittadini.
I seminati estensivi asciutti
È il paesaggio rurale più diffuso nell'Italia meridionale e insulare. Il terreno
è prevalentemente ondulato e collinoso, con il suolo calcareo o argilloso, poco
adatto a colture intensive e irrigue. I piccoli poderi, con resa modesta e poco
meccanizzati, si alternano ai latifondi, grandi estensioni di terra sfruttate
solo in parte o destinate al pascolo degli ovini. Il paesaggio è verdeggiante a
primavera; poi i prati cedono il passo alla maturazione del grano, ma in
seguito, coll'imperversare della calura estiva, la campagna è arsa dal sole e si
trasforma in una distesa stepposa. Pochi sono i corsi d'acqua ei filari di
alberi; rare e isolate le abitazioni sparse; le grandi masserie paiono piccole
fortezze, con la casa padronale, l'aia, le stalle e le dimore per i braccianti.
Più spesso al posto di case sparse troviamo grossi centri rurali. Sono borghi a
carattere agricolo, i cui abitanti ogni giorno raggiungono i campi lontani, per
fare ritorno in paese solo al tramonto.
Le colture specializzate
Sotto questo nome vanno inclusi gli orti, i giardini e le serre, ovvero quelle
colture che necessitano dell'opera insostituibile dell'uomo e che le macchine
non potranno mai svolgere quasi interamente. Sono praticate lungo le fasce
collinari soleggiate o le valli irrigue che hanno clima mite e mediterraneo. Le
piante più diffuse sono olivo, vite, agrumi, fiori, ortaggi e alberi da frutta.
Il tipo di conduzione prevalente è la piccola proprietà, perché queste colture,
che richiedono un alto grado di specializzazione, garantiscono un buon margine
di guadagno e perciò permettono al piccolo proprietario di vivere. Le vigne
della Toscana o della Puglia, così come gli agrumeti di Sicilia o la
floricoltura ligure necessitano tutti di una assidua e attenta cura da parte
dell'uomo, che spesso ha saputo rendere fertile un terreno inospitale e poco
redditizio.
I problemi dell'agricoltura
Esaminata la varietà dei paesaggi rurali, emerge un dato importante, che rivela
una tendenza comune, che riguarda tutta l'Italia: la popolazione agricola è
diminuita e tende ancora inesorabilmente a calare. Nell'arco di un ventennio,
dal 1961 al 1981, è passata da 7.720.000 persone a 2.400.000, ovvero si è più
che dimezzata (nel 2004 gli occupati in agricoltura erano circa un milione). In
particolare hanno lasciato la campagna, la collina e la montagna gli individui
di età giovane e adulta, mentre gli anziani e i vecchi sono rimasti in maggior
numero. Questo esodo rurale, che ha provocato l'abbandono di molte migliaia di
ettari di suolo agrario, è stato incessante dall'Unità d'Italia (1861) ad oggi,
ma si è ulteriormente accentuato nell'ultimo trentennio. I motivi di questa fuga
dalla campagna sono diversi: in parte ciò è dovuto alla progressiva
meccanizzazione dell'agricoltura, che ha sostituito il lavoro umano e animale,
in parte è legato al desiderio di abbandonare condizioni di vita spesso
difficili, soprattutto in collina e in montagna. Le mete principali di
quest'esodo massiccio sono state le regioni della Pianura Padana, le grandi
città del Centro-Sud (come Roma, Napoli, Palermo) e all'estero i Paesi europei
più industrializzati (Germania, Francia, Belgio ecc.). Le città e il lavoro
nell'industria sono stati per molti la garanzia di una vita più confortevole e
di un lavoro più sicuro. Oggi l'introduzione di tecniche moderne nella
coltivazione dei campi ha permesso di razionalizzare l'agricoltura e di ottenere
una maggiore resa per ettaro. Tuttavia anche in questo settore economico
necessitano continui investimenti e migliorie. Ciò richiede un investimento di
capitali che non tutti gli agricoltori hanno a disposizione. Mentre le grandi
aziende riescono a far fronte a questo continuo aggiornamento, le medie e
piccole aziende spesso entrano in crisi, soprattutto dove il suolo è più
difficile da coltivare. Allora la famiglia contadina è spinta ad abbandonare i
campi e a preferire la vita di città. Il suolo agrario viene così trasformato in
pascoli o macchia, in collina e montagna, e spesso in terreno edificabile, in
pianura.
I boschi e i pascoli
Molto abbiamo già detto riguardo ai boschi quando abbiamo parlato del manto
forestale delle nostre montagne nel capitolo omonimo. I boschi sono presenti non
solo nelle colture promiscue, cioè in collina e in pianura, ma anche e
soprattutto nelle vallate dei sistemi alpino e appenninico. Sulle Alpi
prevalgono le fustaie di aghifoglie, sulle Prealpi e sugli Appennini sono più
diffusi i boschi cedui di latifoglie (ceduo significa che viene tagliato
periodicamente). Entrambi vengono utilizzati per ricavare legna da ardere o
legname per costruzione. Un discorso a parte meritano i pioppeti, molto diffusi
nella bassa Pianura Padana; infatti il legno del pioppo è richiesto dalle
industrie della cellulosa e serve per produrre carta, compensato e imballaggi.
La pioppicoltura è una buona fonte di guadagni, perché il pioppo cresce in
fretta e non richiede molte cure. Le foraggere sono diffuse sui pendii delle
colline e delle montagne, oltre che in pianura; vi crescono erbe usate per
l'alimentazione animale e la loro coltivazione è legata alle esigenze
dell'allevamento stallivo.